Pasquale Di Rella non aveva la tessera al partito fascista, così di tanto in tanto nella sua Ruvo di Puglia veniva prelevato e portato alla Casa del Fascio dove a tal proposito riceveva opera di “persuasione” a suon di ceffoni e percosse. Nei primi anni ‘40 l’aria si fece amara così Pasquale, che faceva il barbiere, si trasferì a Bari con tutta la famiglia. La storia ci insegna che il 25 aprile 1945 l’Italia fu libera, tuttavia dal ’43 molta parte del Sud Italia, un po’ autonomamente (vedi Napoli), un po’ con l’aiuto degli americani, poté già voltare pagina. A Bari gli americani in cerca di musicisti per la loro orchestrina avevano saputo di una famiglia in cui c’era un clarinettista. Forse un’informazione data da Santino Tedone, classe 1928, che sempre nello stesso anno a soli 15 anni girava col quartetto di Bruno Giannini per campi d’aviazione, ospedali, rest camp e circoli alleati americani. Fu così che Di Rella, nato il 9 gennaio 1927, allora sedicenne e imberbe clarinettista cresciuto anni prima a Ruvo di Puglia alla corte dei fratelli Amenduni, veniva regolarmente prelevato con una camionetta per andare al quartier generale americano in via Sparano, a suonare! Ed è questo un primo beffardo anello di congiunzione tra padre e figlio, Pasquale e Santino, entrambi prelevati di forza dalle loro abitazioni, l’uno per antifascismo e l’altro per la musica. Ovviamente per Santino fu una fortuna. Conobbe il repertorio americano e imparò a improvvisare; fu in quel periodo che decise di continuare su questa strada intraprendendo la professione. Nel 1957 rifiutò di provare l’audizione nell’Orchestra della Rai di Roma per rimanere libero di suonare in giro (posto di lavoro che scansò anche l’altro ruvese Filippo Pellicani e che invece portò fortuna al concittadino Santino Tedone). La carriera di Di Rella annovera collaborazioni stabili con Alberto Rabagliati, Mina, Nicola Arigliano, Milva, Ornella Vanoni, Henghel Gualdi, Jula de Palma, Gino Latilla, Bruno Giannini, Sergio Endrigo e tanti altri, oltre a tournée in tutta Europa, fino a che, con l’arrivo dei Beatles, questo mondo fatto di complessi musicali jazz scomparve come in un sortilegio. Un lavoro all’Inps gli permise di continuare una vita dignitosa ma l’assenza della musica lo consumò giorno dopo giorno. Ed è qui che appare come per magia il secondo anello di congiunzione. Proprio in via Sparano c’era la casa dell’ottico e fotografo Tonino Antonelli, chitarrista e jazzlover, il quale tra gli anni ’70 e ’80 raccoglieva musicisti e amatori di jazz in appassionate jam session: dal pianista Franz Falanga al trombonista Dino Blasi, dal contrabbassista Armando De Cillis al pianista Nico Esposito (decisamente interessante nelle registrazioni). Così Santino trovava pace per qualche ora, in via Sparano, guarda caso a pochi metri dove tutto era nato.